La Roccia di San Vito

Anno 2020

La Roccia di San Vito è una serie di 4 illustrazioni digitali in tre colori, realizzate da Alberto Giammaruco.

A pochi passi da Calimera, lungo una strada che un tempo si addentrava in un fitto bosco di lecci, sorge una piccola chiesa di campagna dedicata a San Vito.
Una cappella contadina dall'aspetto insignificante, risalente al XV sec. Ma il viaggiatore che si ritrovasse in questo luogo il Lunedì dell'Angelo, ovvero a Pasquetta, assisterebbe alla celebrazione di un rituale antico, forse millenario, e dal forte impatto simbolico. Nelle prime ore del mattino di quella giornata tradizionalmente dedicata alle scampagnate fuori porta, decine di calimeresi convergono verso questa chiesetta per partecipare ad un rito propiziatorio per la fertilità e il rinnovamento.

Al centro dell'unica, minuscola navata della cappella, sorge un masso di forma trapezoidale con al centro un foro di circa 40cm di diametro.
In realtà si tratta di un affioramento della roccia calcarea su cui poggia la Chiesa di San Vito.
È evidente che la roccia sia ben più antica della stessa chiesetta e che questa sia stata costruita appositamente sul basamento per "rivestire" lo spuntone affiorante dalla caratteristica forma.

A turno, uomini e donne, vecchi e bambini si prostrano davanti a questa pietra, allungano le braccia e le gambe e strisciano verso il foro, attraversando la roccia. Per passare tutti, nessuno escluso devono prodursi sempre gli stessi movimenti, rotazioni di arti e bacino, torsioni, piegamenti. Da sempre. Per chi vive il "rito della Petra de santi Vitu” sono immagini che restano nella memoria, come coreografie di un balletto contemporaneo. Ben più che contemporaneo anzi.

Certo, chiunque può passare attraverso il foro della Roccia di San Vito, o almeno questa è la credenza popolare. Il foro nella pietra, infatti, si adatterebbe alla stazza di colui che lo vuole attraversare. Così come l'utero e la vagina si dilatano per permettere la gravidanza e il parto. La simbologia di questo antico rituale non potrebbe essere più esplicita. Il passaggio attraverso la Roccia è allo stesso tempo amplesso e parto simbolico.

Potenza sessuale, fertilità, rinascita alla Luce dopo la lunga notte dell'inverno che è appena terminato. In verità, qui gli inverni non sono poi così lunghi e rigidi. Ma forse un tempo le cose erano diverse. Forse un tempo, qui come altrove, l'inverno era più freddo di adesso. O forse faceva semplicemente più paura, quando la sopravvivenza di una famiglia dipendeva dal ciclo delle stagioni.

A rendere ancora più evidente la simbologia, la tradizione di celebrarlo il lunedì dopo Pasqua, letteralmente la festa dell'Attraversamento. E al contempo non potrebbe essere più stridente il contrasto con l'ambiente circostante: durante la giornata, fuori dalla scarna chiesetta, si radunano famigliole in gita con zaini e biciclette, tra chioschi di panini e bibite ed esibizioni improvvisate di musica popolare.
Il canto tradizionale, quello di quei cantori che sono stati definiti “alberi cel canto” riecheggia nella banalità del folklore. Il rituale pagano ridotto a divertita messinscena folkloristica. Conservando brandelli di senso, trovando una nuova sintesi imperfetta.

Probabilmente bisogna cercare l'origine di questo rituale in tempi e simboli tra i più arcaici. Il culto Mariano certamente ne è un’immagine, ma esiste un culto assai più antico, sul quale archeologi, antropologi e psicanalisti riflettono da tempo. Il culto della Dea Madre. In generale, la conformazione della roccia e la ritualità esplicita tramandatasi nei secoli, riportano ad un archetipo della femminilità.

È un archetipo materno e femminile che si manifesta ovunque nel mondo, spesso in luoghi e simboli legati alla nascita e alla procreazione, come ricordato anche da Jung: il campo, il giardino, la roccia, la grotta, l'albero, il bosco, la fonte, il pozzo profondo, il fonte battesimale, il fiore come ricettacolo (rosa e loto), il cerchio magico, la cornucopia.

Un rito ancora vivo, che poco si cura della contemporaneità o dei futuri possibili.


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NOTA ALLE ILLUSTRAZIONI
Igor Legari, Alberto Giammaruco


BIBLIOGRAFIA

E. Imbriani: "Spazi e cultura tra campagna e centri urbani nel Salento", in "I boschi nel Salento. Spazi e storia", a cura di M. Mainardi, Centro Studi e Documentazione sulla campagna nel Salento leccese, Lecce, Conte, 1989, pp. 175-194.

Carl Gustav Jung: "Gli aspetti psicologici dell'archetipo della Madre" in "Gli archetipi e l'inconscio collettivo", Bollati Boringhieri, Torino. 1980, pag. 75 - 108.

B. Montinaro: "S. Vito ha una pietra forata. Appunti su un rito arcaico", Apulia - Rassegna Trimestrale, Banca Popolare Pugliese, n° II, giugno 1979.


Silvano Palamà: "La Pietra, il Bosco, la Chiesa; San Vito o della pietra forata", Ghetonìa Calimera, 2006.


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