L’ultimo giorno dell’Ekomostro

Anno 2006

Dottor Porka Street-photo Performance

Per noi il focus della ricerca artistica è stato sin dall’inizio l’esplorazione dello spazio, di alcuni spazi ben precisi.

Come Duchamp e i Dada avevano trovato nel “ready made object” un elemento cardine della loro arte, noi lo abbiamo trovato in quello che definiamo la “ready made area”.
La conoscenza del mondo dei graffiti e della prima scena rave è stata determinante.

Come i graffitisti e le prime tekno tribe, ci eravamo mossi per anni in aree degradate e abbandonate delle nostre città, attraversando recinzioni, tunnel, canali, depositi ferroviari e scheletri architettonici di fabbriche ed edifici. Non a caso molte di queste aree erano chiamate “zone rosse”, spazi sequestrati e il più delle volte resi inaccessibili per diversi motivi.
Nell’avventurarci in queste zone di confine ci era chiaro il loro valore di spazio reale e nello stesso tempo la forte carica simbolica e metaforica, spazi ‘altri’, spazi ‘interdetti’ alla vista, all’accesso, all’uso.

Nel 2006 travestiti con tute bianche, maschera da porco ed una poltrona gonfiabile abbiamo "attaccato” Punta Perotti, un gigantesco ecomostro di cemento armato, famosissimo perché progettato da una archistar come Renzo Piano ma con un impatto devastante per il Lungomare di Bari.

Questo impatto ha attivato una grande protesta da parte degli ambientalisti e dalla stragrande maggioranza della popolazione barese tanto da costringere le autorità a sequestrarlo, sigillarlo e renderlo inaccessibile con lamiere e pannellature.
Fatto ciò la struttura è stata salomonicamente abbandonata al suo destino per oltre dieci anni.

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