Ilienses

Ilienses è una band/duo composta da Mauro Medde e Natascia Talloru, fondata nel 2018. Il nome Ilienses deriva dalle tribù che vivevano nel cuore della Sardegna, in Barbagia, in epoca nuragica. La musica è una combinazione di strumenti contemporanei e arcaici della Barbagia, utilizzati negli antichi rituali e derivanti dalla tradizione esoterica, come ad esempio il Carnevale.

Il passato è l’ambito della ricerca musicale degli Ilienses che traggono ispirazione dalla storia, dalla lingua locale e dalla saggezza degli anziani sardi.

‘Civitates Barbariae’ è il primo album.

Mauro Medde  è di Gavoi (NU). Bassista, polistrumentista e compositore, si avvicina alla musica all’età di otto anni, prima attraverso l’organetto e in seguito attraverso il basso elettrico, che studierà e approfondirà al Conservatorio Statale G.P. da Palestrina di Cagliari e successivamente alla Percento Musica di Roma, col Maestro Massimo Moriconi (bassista di Mina, Fabio Concato, Chet Baker a tanti altri).  Attualmente ha all’attivo due progetti musicali: SVM e ILIENSES.

Natascia Talloru è di Tonara (NU). Freelance nel settore culturale, Redattrice e Social Media Manager della testata giornalistica FocuSardegna. Attualmente scrive su testate giornalistiche locali e collabora con liberi professionisti e aziende nell’ambito della comunicazione web e social. Insieme a Mauro Medde ha ideato ILIENSES, voce narrante e polistrumentista, di cui è anche General Manager.

   

Fin dall’epoca nuragica la Sardegna è stata oggetto di numerose e sanguinose lotte, sorte tra i popoli invasori, che miravano a espandere il proprio dominio, e le popolazioni locali.

In particolare si narra della Barbagia, una zona rude, inaccessibile, estranea e tenebrosa, che ha maggiormente resistito, secondo le fonti storiche a noi pervenute, alle dominazioni. Si narra di un popolo ribelle, fiero e poco incline ai cambiamenti apportati, spesso con la forza, dalle altre civiltà e dalle opere di cristianizzazione.

Il progetto Ilienses affonda le sue radici in Barbagia, descrivendo quella che in passato poteva essere la vita delle popolazioni che vi dimoravano, provando a immaginare i conflitti, raccontando avvenimenti storici e leggende, ricercando un collante con gli antenati, le loro sofferenze, la violenza fisica e psicologica, subita e attuata; i cambiamenti materiali e immateriali che, di conseguenza, possono essersi verificati sul territorio e sugli abitanti.

In che modo? Immaginando queste vicende in un progetto musicale e audiovisivo che, attraverso la musica, la narrazione e la realizzazione di filmati video, valorizza il potenziale di alcuni elementi culturali e tradizionali caratterizzanti la Barbagia, come gli strumenti musicali di Gavoi, il canto a tenore e i campanacci di Tonara, inserendoli  in un concetto moderno, senza intaccare l’espressione della loro reale natura e documentando, attraverso una ricerca sonora, il mondo dal quale provengono.

Il progetto vuole rappresentare artisticamente gli aspetti più cruenti e impetuosi associati all’epoca delle resistenze alla dominazione romana e alle opere di evangelizzazione della Chiesa nella storia barbaricina, i quali vengono messi in evidenza durante l’ascolto del disco, i filmati video (teaser, videoclip, cortometraggio) e le esibizioni dal vivo.

E’ bene precisare che tutta la stesura del progetto affonda sì le proprie radici nella tradizione ma possiede allo stesso tempo caratteristiche musicali/culturali moderne, senza limiti temporali. Racconta gli elementi che identificano la Barbagia, ne richiama il principio della storia, indaga sul significato di un patrimonio che è tuttora visibile e percepibile (strumenti musicali, siti archeologici, lingua, leggende, tradizioni).

Alcuni di essi, essendo collegati anche al Carnevale barbaricino e ai suoi travestimenti animaleschi, che si distinguono proprio nell’essere sanguinari, enigmatici e drammatici, possono altresì rivelare la vita sconosciuta, i rituali, i pensieri, le lotte, interiori ed esteriori, delle cosiddette Civitates Barbariae, le comunità degli antenati sardi indigeni, stanziati nel territorio non romanizzato (o quasi) della Sardegna.

Durante la realizzazione e maturazione dell’idea è emersa l’importanza nel trasmettere in arte certe conoscenze, seppure non documentate con certezza e, proprio per questo motivo, ne è derivata la scelta di rappresentarle in chiave fantasy, affinché le epoche storiche attraversate dall’ isola e le sue ricchezze, talvolta poco considerate, siano sempre più oggetto di studio ma anche motivo di interesse e riflessione collettiva.

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